lunedì 3 agosto 2009

#189

Tu ci credi alle coincidenze? E se la tua risposta è sì, credi sia opportuno assecondarle? Lasciare che esse guidino le tue scelte può essere un buon modo per scaricare il peso delle proprie decisioni sul fato beffardo che a occhio e croce dovrebbe avere spalle più larghe delle tue. Ma il discorso non dovrebbe essere a proposito del fato, quanto piuttosto a proposito di te che all'alba di ogni nuova stagione ti proponi di crescere, di mettere da parte i tuoi vecchi errori e invece alla fine ti ritrovi a confrontarti sempre con i tuoi soliti limiti, figli di un cervello che se non è riuscito a svilupparsi difficilmente ci riuscirà.

Hai imparato l'importanza degli occhi che si devono riconoscere, hai messo a punto una teoria davvero edificante sull'ineluttabilità del riconoscersi, non c'è necessità di stare a ripassarla, era buona e le basi teoriche molto solide. Il passo successivo era stato quello di capire quale fosse il pezzo ancora mancante al tuo puzzle, la teoria degli occhi era buona, sostenuta da ottimi risultati sperimentali: stentavi a crederci ma si riconoscevano davvero, tanto dopo un mese, tanto dopo dieci anni. Però poi non succedeva niente lo stesso, hai intuito che forse non bastava semplicemente che gli occhi si riconoscessero, serviva dell'altro, il pezzo mancante erano le coincidenze, vedi che ci credi,  che creano circostanze, che non vanificano quell'abilità estrinseca degli sguardi nel riconoscersi.

Hai bevuto un po' di più del solito, ma è sabato e te lo puoi permettere, sei da poco arrivata in questa città e non c'è niente di meglio di qualche bicchiere di vodka che non ingrassa ma scioglie. Cammini distrattamente con i tuoi nuovi amici, chissà se saranno ancora al tuo fianco fra un paio di mesi. I tuoi occhi incrociano una coppia di loro simili e si riconoscono anche se non si erano mai visti prima, il momento è drammatico, è sempre così quando si riconoscono per la prima volta, il tuo cuore batte e i tuoi occhi restano avvinghiati agli altri due, la tua testa segue i due bulbi e se non ci fosse il collo a vincolarti riusciresti a farle compiere una rotazione completa. Parli ai tuoi amici, suggerisci scherzando di fermarsi a bere qualcosa lì, in quel bar, brutto, semivuoto, davanti al quale ci sono due occhi che hanno messo in moto la tua morbosità. Poi vai via, il tono era troppo scherzoso da rendere la proposta poco più di una battuta.

La tua teoria prevede che due occhi che si riconoscono non bastano, non basta neanche che quei due occhi si ritrovano poco dopo in un altro posto, non c'è niente di irrazionale, mancano le coincidenze che creano le circostanze, è quello che ti metterebbe seriamente in pericolo. Sei ancora al sicuro, la teoria non vacilla e il tuo fortino è ben protetto. Passano i giorni e il tempo lavora bene, dopo una notte di sonno il ricordo della sera prima si è già mescolato con il sogno alcolico che ha popolato la tua piccola morte reversibile. Però arriva, strafottente, ciò che temevi e aspettavi, la coincidenza, colei che conferma la tua teoria e, allo stesso tempo, fomenta i tuoi timori più reconditi, quelli che sono battuti fino a quando non tornano in campo più invincibili di prima.

Piove e sei una spugna, la tua pelle è bella e la pioggia d'agosto la rende liscia e peccaminosa, è un temporale estivo e fra un po' tornerà il sole con i suoi trenta e passa gradi di temperatura, potresti bagnarti come hai sempre sognato da bambina eppure corri a casa, guidata da un buon senso e da una razionalità tipicamente adulti. Cerchi le chiavi nella tua borsa, le trovi e, sicura, apri il portone del tuo rifugio. Con la mano sposti i capelli zuppi dalla fronte e saluti uno sconosciuto che per puro caso, ma tu questo non puoi saperlo, è lì, così vicino alla tua tana. Lo sconosciuto si volta, due paia d'occhi si attivano e si riconoscono come frutto di una pura e meravigliosa coincidenza, lui balbetta una risposta al tuo messaggio di cordialità. Tremi, abbassi gli occhi e non puoi vedere che anche lo sconosciuto trema e abbassa gli occhi, in due usate tutte le vostre forze per tenere lontani quei due meravigliosi magneti.

Scappi dentro, nel tuo nido, al sicuro e inizi a pensare, seduta con i piedi sul divano e sei sconvolta. Ancora una volta sei arrivata al secondo passo della tua teoria ma poi non è successo niente, niente sesso nella tromba delle scale e neanche un bacio appassionato tra due labbra fradice della pioggia d'agosto. Cosa manca? Che altro serve oltre a due occhi e ad un buon surrogato di coincidenza? Non ti dai pace e vorresti uscire ma poi ti sembra una cosa stupida e continui a pensare e forse ci vorrà ancora del tempo, delle ferite del tempo, per trovare il terzo elemento di questa teoria. E non sai che lo sconosciuto ha speso quasi la sua intera esistenza a cercarlo questo elemento misterioso, lo ha trovato e ancora non è riuscito a farlo funzionare. Perché gli occhi si riconoscono sempre, le coincidenze arrivano, malgrado te, e creano le circostanze, ma il terzo elemento ce lo devi mettere tu. Sono le palle, il coraggio, che ti fa esporre il lato debole, che ti fa scegliere il tuffo nel vuoto e rifiutare il caldo protettivo di un nido, che ti fa scegliere l'incognito sapendo che potrebbe essere un incubo e non un sogno, magari semplicemente un sogno scadente, di quelli che la mattina non ti viene voglia neanche di raccontarli.